Nel 1525, licenziati gli Zaccagni, il primitivo progetto
venne in parte alterato in quanto si decise di togliere le nicchiette
interne, di consolidare le torri e le absidi, di chiudere due delle
porte e di porre delle bifore, il cui disegno e la cui esecuzione
furono affidati a Giovan Francesco D'Agrate.
Tale progetto fu ancora in parte modificato per consiglio di Antonio
da Sangallo che, nel 1526, dirigeva le fortificazioni della
Cittadella e che propose tra l'altro di trasformare in cappelle
le quattro torri progettate.
Capomastro della fabbrica fu nominato Alessandro Chierico,
ma chi diede la massima impronta alla costruzione esterna ed interna
fu Giovan Francesco D'Agrate con l'aiuto di maestro Paolo
da Porlezza. F
inita la chiesa e consacrata il 24 Febbraio 1539 dal cardinal
legato Giovanni Maria Dal Monte, vi si aggiungeva ancora nel 1546/47,
quando Parma è ormai diventata con Piacenza feudo dei Farnese, il
portale d'ingresso; dal 1542 al 1544 era stata poi aggiunta una
sagrestia di forma "tonda" su disegno di Giovan Francesco D'Agrate,
sagrestia che fu sostituita nel 1633 da una nuova, vicino alla quale
se ne eresse, nel 1665, un'altra più vasta e grandiosa detta "sagrestia
nobile", opera finita nel 1670 e che ancora sussiste.
Una più grande modifica ebbe la chiesa alla fine del Seicento nel
nicchione meridionale allungato a formare lo scenografico coro ovato
e nell'esterno arricchito di volute, vasi e statue.
Il primo e maggior rifacitore di questa parte della chiesa fu il
pittore e architetto parmense Mauro Oddi, al quale, dopo
la sua morte avvenuta nel 1702, successe Edelberto della Nave
che compiva la sua opera nel 1730, mentre l'altare era finito solo
nel 1765 da Domenico della Meschina.
Altri riattamenti e modifiche si ebbero nel secolo XIX per opera
di Carlo Bettoli, dal 1816 al 1818, mentre nel 1823 Maria
Luigia d'Austria disponeva che venisse eretta una "cappella mortuaria"
nei sotterranei della chiesa per i duchi Farnese e Borbone e nel
1845 faceva eseguire il pavimento del tempio con grossi lastroni
di rosso veronese.
Al principio del XX secolo l'architetto Collamarini ha compiuto
alcuni restauri soprattutto di carattere statico, e recentemente,
dopo i danneggiamenti bellici, la chiesa è stata sistematicamente
restaurata a cura dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Gli ultimi interventi di restauro degli affreschi, da parte della
Sopraintendenza ai Beni artistici e storici e alle Gallerie di Parma
e coi contributi dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio e di privati,
sono stati compiuti negli ultimi trentanni.
Nel 1970 è stata liberata dalla protezione del "Vestito della Madonna
Santissima" donato dal Comune alla Chiesa nel 1609, ed è stata ridonata
alla venerazione dei fedeli, l'Immagine della Madonna allattante.
Contemporaneamente è stato restaurato il sottarco del Parmigianino
e l'abside est dell'Incoronazione di Maria, sopra l'altare maggiore.
Successivamente l'intervento di recupero ha riguardato l'abside
nord della Pentecoste di Gerolamo Bedoli Mazzola (1987)
e l'abside sud, sempre del Bedoli Mazzola dell'Adorazione
dei pastori (1989).
Negli stessi anni sono state riportate al loro antico splendore
le cappelle di San Pietro Apostolo (Madonna di Fatima) e dei Santi
Antonio di Padova e Maria Maddalena (cappella penitenziale) (1988).
Sono stati anche restaurati i basamenti delle paraste con la Via
Crucis dei pittori Conti e Guarzi ed è stato risarcito il
pavimento di marmo prezioso del presbiterio (1991).
La chiesa della Steccata è pertanto un esempio importante di architettura
e decorazione del Rinascimento a Parma in cui la struttura e la
decorazione barocca si inseriscono, si può dire, senza apparenti
contrasti, per quel ritmo armoniosamente concentrico delle linee
architettoniche e decorative: dalla struttura degli Zaccagni,
agli affreschi del Parmigianino, alle aggiunte settecentesche
di Mauro Oddi ed Edelberto Della Nave.
Questa in breve la storia della costruzione; quanto allo stile,
secondo il progetto originale degli Zaccagni, la chiesa doveva
dunque ripetere una iconografia bramantesca, ma resa con la tendenza
al verticalismo loro cara e con accostamenti all'arte romanica locale,
specie nell'idea, poi non attuata, delle logge intorno ai nicchioni,
derivata certamente dalle absidi del Duomo.
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